Martedì 11 Dicembre dalle ore 17.30 presso la sala conferenze della Libreria Rinascita si terrà la presentazione del libro: “Malacarne. Donne e manicomi nell’Italia Fascista” edito da Donzelli. Sarà presente l’autrice Annacarla Valeriano, modera Costantino di Sante (ISML Ascoli Piceno). L’evento è realizzato in collaborazione con L’ISML, Istituto provinciale per la storia del movimento di liberazione nelle Marche e dell’età contemporanea di Ascoli Piceno, l’AIED di Ascoli Piceno e l’ARCI Comitato Territoriale Piceno Fermano. Si tratta del secondo appuntamento del ciclo “Cattive Ragazze. Storie di Donne che hanno fatto la storia” legato al progetto Rinascita “Pensare la differenza. Costruire il rispetto” che racconta da alcuni anni il mondo femminile attraverso la letteratura e la saggistica.
La cittadinanza è invitata a partecipare numerosa.
IL LIBRO:
A quarant’anni dalla legge Basaglia, che ha sancito la chiusura dei manicomi, riemergono le storie e i volti di migliaia di donne che in quei luoghi hanno consumato le loro esistenze. In questo libro sono soprattutto donne vissute negli anni del regime fascista: figure segnate dal medesimo stigma di diversità che, con le sue ombre, ha percorso a lungo la società, infiltrandosi fin dentro i primi anni del l’Italia repubblicana. All’istituzione psichiatrica fu consegnata, dall’ideologia e dalla pratica «clinica» del fascismo, la «malacarne» costituita da coloro che non riuscivano a fondersi nelle prerogative dello Stato. Su queste presunte anomalie della femminilità, il dispositivo disciplinare applicò la terapia della reclusione, con la pretesa di liberarle da tutte quelle condotte che configgevano con le rigide regole della comunità di allora.
La possibilità di avvalersi del manicomio al fine di medicalizzare e diagnosticare in tempo «gli errori della fabbrica umana» non fece che trasformare l’assistenza psichiatrica in un capitolo ulteriore della politica sanitaria del regime, orientata alla difesa della razza e alla realizzazione di obiettivi di politica demografica, attraverso l’eliminazione dalla società dei «mediocri della salute», dei «mediocri del pensiero» e dei «mediocri della sfera morale». Fu così che finirono in manicomio non solo le donne che si erano allontanate dalla norma, ma anche le più deboli e indifese: bambine moralmente abbandonate, ragazze vittime di violenza carnale, mogli e madri travolte dalla guerra e incapaci di superare gli smarrimenti prodotti da quell’evento traumatico. In questo libro i percorsi di queste esistenze perdute vengono finalmente ricomposti, attraverso l’uso sapiente di una ricchissima documentazione d’archivio: fotografie, diari, lettere, relazioni mediche, cartelle cliniche.
Materiali inediti che raccontano la femminilità a partire dalla descrizione di corpi inceppati e che riletti oggi, con sguardo consapevole, possono contribuire a individuare l’insieme dei pregiudizi e delle aberrazioni che hanno alimentato – e in modo nascosto e implicito continuano ancora oggi ad alimentare – l’idea di una «devianza femminile», da sradicare per sempre dal nostro orizzonte culturale.