In qualità di Presidente del Consorzio incaricato dal Ministero dell’Agricoltura e del Turismo di tutelare e valorizzare la DOP Oliva Ascolana del Piceno debbo replicare e contrastare dichiarazioni rilasciate da associazioni di categoria (Confindustria e Confcommercio) anche da una associazione agricola (Copagri).
Premetto che fare l’oliva “farcita” DOP è difficile perché comporta il rispetto assoluto del disciplinare con l’assoggettamento a intensi controlli degli organi pubblici, che evidentemente molti produttori non possono o non vogliono affrontare. Si riesce a produrre la DOP solo se si ama il proprio territorio, lo si vuole valorizzare e si ha la lungimiranza di comprendere che solo la DOP, legata agli olivi della area che comprende Ascoli, il fermano e il teramano, non è e non sarà mai “delocalizzabile”.
La varietà di olivo (cultivar) “ascolana tenera” è la materia prima “agricola” della DOP, riconosciuta dal 2005, la cui produzione DEVE essere incrementata, almeno 2 mila ettari in tutto l’areale. Sino ad oggi purtroppo tale sviluppo è stato ostacolato dalla politica e da quelle associazioni di categoria che oggi si esprimono in modo scomposto a favore di una IGP, in merito alla quale, nessuna comunicazione è stata inviata al Consorzio, con inaspettato sgarbo al ruolo istituzionale dello stesso.
Attuare un progetto organico di piantumazione di nuovi oliveti, organizzato dal Consorzio della filiera DOP che garantisce il ritiro e i prezzi, consente anzitutto agli agricoltori di credere nella effettiva remunerazione degli oliveti DOP, cioè di invertire il meccanismo di importazione di oliva (greca o di altra provenienza comunque a basso costo), creando posti di lavoro – non de localizzabili – per tutti i servizi necessari all’impianto e alla manutenzione degli oliveti, oltre che per deamarizzazione e farcitura.
Il Consorzio sarà costretto a diffidare le associazioni di categoria che in modo scomposto si sono esposte in ripetute occasioni in tal senso, dato che la proposta della IGP è una grave minaccia alla stessa esistenza della DOP, soprattutto per le informazioni errate che sono state diffuse da parte di addetti del settore: i riconoscimenti DOP e IGP non sono etichette di certificazione commerciale che si ottengono a richiesta; sono dei veri e propri “beni collettivi” che attestano una tradizione di trasformazione agricola e agroalimentare di qualità, legata ad un territorio. L’equilibrio dei sapori della varietà di oliva “ascolana tenera” con il ripieno di carni sapientemente cucinate ha ottenuto dalla Unione Europea nel 2005 il riconoscimento DOP, perché questo è il prodotto fatto di materie prime locali con dimostrata tradizione storica, senza la quale non vi sono riconoscimenti né DOP né IGP.
Il fatto che si producano altri tipi di olive farcite – di carne, di pesce, di verdure, più o meno buone, più o meno qualitative – nulla ha a che fare con l’attribuzione dei riconoscimenti DOP e IGP.
Il Consorzio non può consentire che venga generata confusione tra produttori, esercenti e soprattutto consumatori, lasciando credere che i marchi DOP e IGP si distribuiscano agli angoli di strada.
Inoltre, sorprendono gli improvvidi richiami all’aceto balsamico di Modena – ancor più da associazioni agricole – che ignorano o tacciono volutamente che l’aceto balsamico di Modena – DOP e IGP – si fonda sulla tutela di peculiari processi produttivi, la cui materia prima è il mosto cotto di uve con ampia scelta di vitigni. Ciò non ha nulla a che fare con la nostra DOP che tutela la varietà di oliva “ascolana tenera” e i suoi derivati in salamoia e ripiena.
Il Consorzio avrebbe voluto già avviare campagne di comunicazione e promozione ma ha dovuto fare i conti con le sorprendenti preclusioni del PSR Marche che, nonostante i molteplici solleciti delle istituzioni ad accedere alle misure di finanziamento, riscontra invece all’atto pratico una preclusione verso questa DOP, si pensi ai rimborsi per i costi elevati per l’organo di controllo ASSAM sino al caso di bandi specifici per la promozione dedicati ai consorzi di tutela delle DOP e IGP ai quali invece non si è potuto accedere per come sono impostati. Fatto questo che gli amministratori del territorio devono rimuovere al più presto poiché risulta iniquo che soltanto strutturate industrie dell’agroalimentare abbiano effettivi sostegni economici pubblici, che invece sono negati alla filiera della nostra DOP, composta da agricoltori, allevatori, trasformatori artigiani e commercianti, cioè da famiglie.